Scommessa di Pascal

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Blaise Pascal, olio su tela
La scommessa di Pascal è un argomento che tratta dell'esistenza di Dio. È stato proposto da Blaise Pascal, (Clermont-Ferrand, 19 giugno 1623 – Parigi, 19 agosto 1662), matematico, fisico, filosofo e teologo francese. Esso riprende un argomento degli scrittori patristici per convincere i pagani e gli atei a convertirsi al Cristianesimo, ristrutturato con una retorica efficace e con strutture di ragionamento moderne: il "se ..., allora ..." tipico della scienza, che è un sapere ipotetico, e un formato tabellare, quasi statistico, che esplora le 4 possibilità, casi favorevoli e sfavorevoli.
L'argomento appartiene all'apologia del Cristianesimo. Pascal lo sviluppa ne I Pensieri (Les Pensées) , paragrafo 233 di quest'opera (postuma).
Il ragionamento di Pascal conduce alla conclusione che conviene credere in Dio. Infatti credendo:
  1. se Dio esiste, si ottiene la salvezza;
  2. se Dio non esiste, si è vissuto un'esistenza lieta pur nella consapevolezza di finire in polvere.
Pascal afferma la superiorità della fede in virtù del fatto che essa è in grado di portarci all'eternità, che è infinitamente superiore ai piaceri effimeri, materiali e finiti, di cui è possibile godere sulla terra: tali piaceri, concludendosi in dispiacere, non sono considerabili come veri piaceri.

Schema sintetico della scommessa[modifica | modifica wikitesto]

  • Dio esiste ed io ci ho creduto: +1 (ho guadagnato);
  • Dio non esiste ed io ci ho creduto: 0 (non ho perso né guadagnato);
  • Dio esiste ed io non ci ho creduto: −1 (ho perso);
  • Dio non esiste ed io non ci ho creduto: 0 (non ho perso né guadagnato).
Sotto forma di tabella:
Dio esisteDio non esiste
Ci ho creduto+10
Non ci ho creduto−10
In definitiva, secondo questo schema, risulta conveniente credere (un +1 ed uno 0 contro un −1 ed uno 0).

Presentazione della scommessa[modifica | modifica wikitesto]

La scommessa è così descritta da Pascal:
«Se c'è un Dio, è infinitamente incomprensibile, perché, non avendo né parti né limiti, non ha nessun rapporto con noi. Siamo, dunque, incapaci di conoscere che cos'è, né se esista...
...“Dio esiste o no?” Ma da qual parte inclineremo? La ragione qui non può determinare nulla: c'è di mezzo un caos infinito. All'estremità di quella distanza infinita si gioca un giuoco in cui uscirà testa o croce. Su quale delle due punterete? Secondo ragione, non potete puntare né sull'una né sull'altra; e nemmeno escludere nessuna delle due.
Non accusate, dunque, di errore chi abbia scelto, perché non ne sapete un bel nulla. “No, ma io li biasimo non già di aver compiuto quella scelta, ma di avere scelto; perché, sebbene chi sceglie croce e chi sceglie testa incorrano nello stesso errore, sono tutte e due in errore: l'unico partito giusto è di non scommettere punto”.
Sì, ma scommettere bisogna: non è una cosa che dipenda dal vostro volere, ci siete impegnato. Che cosa sceglierete, dunque? Poiché scegliere bisogna, esaminiamo quel che v'interessa meno. Avete due cose da perdere, il vero e il bene, e due cose da impegnare nel giuoco: la vostra ragione e la vostra volontà, la vostra conoscenza e la vostra beatitudine; e la vostra natura ha da fuggire due cose: l'errore e l'infelicità. La vostra ragione non patisce maggior offesa da una scelta piuttosto che dall'altra, dacché bisogna necessariamente scegliere. Ecco un punto liquidato. Ma la vostra beatitudine? Pesiamo il guadagno e la perdita, nel caso che scommettiate in favore dell'esistenza di Dio. Valutiamo questi due casi: se vincete, guadagnate tutto; se perdete, non perdete nulla. Scommettete, dunque, senza esitare, che egli esiste.
“Ammirevole! Sì, bisogna scommettere, ma forse rischio troppo”. Vediamo. Siccome c'è eguale probabilità di vincita e di perdita, se aveste da guadagnare solamente due vite contro una, vi converrebbe già scommettere. Ma, se ce ne fossero da guadagnare tre, dovreste giocare (poiché vi trovate nella necessità di farlo); e, dacché siete obbligato a giocare, sareste imprudente a non rischiare la vostra vita per guadagnarne tre in un giuoco nel quale c'è eguale probabilità di vincere e di perdere. Ma qui c'è un'eternità di vita e di beatitudine. Stando così le cose, quand'anche ci fosse un'infinità di casi, di cui uno solo in vostro favore, avreste pure sempre ragione di scommettere uno per avere due; e agireste senza criterio, se, essendo obbligato a giocare, rifiutaste di arrischiare una vita contro tre in un giuoco in cui, su un'infinità di probabilità, ce ne fosse per voi una sola, quando ci fosse da guadagnare un'infinità di vita infinitamente beata. Ma qui c'è effettivamente un'infinità di vita infinitamente beata da guadagnare, una probabilità di vincita contro un numero finito di probabilità di perdita, e quel che rischiate è qualcosa di finito.»
(Blaise Pascal, I Pensieri, 233)
Pascal comincia presentando una situazione dove sia l'esistenza che l'inesistenza di Dio non possono essere provate dalla ragione umana (secondo la Chiesa Cattolica si può arrivare all'esistenza di Dio, col solo lume della ragione, come stabilito dal Concilio Vaticano I, e da San Anselmo d'Aosta e di San Tommaso d'Aquino, entrambi Dottore della Chiesa).
Magnifying glass icon mgx2.svgLo stesso argomento in dettaglio: Esistenza di Dio e Prova ontologica.
Dunque, supponendo che la ragione non può determinare la verità tra due alternative, è necessario "scommettere" considerando la scelta più conveniente. L'assunto pascaliano è che esistendo, stiamo già vivendo la scelta: l'uomo infatti è costretto a scegliere tra il vivere come se Dio ci fosse e il vivere come se Dio non ci fosse e nessuno può rifiutarsi di prendere una posizione, poiché il non voler scegliere è già una scelta negativa.
La decisione saggia è scommettere sull'esistenza di Dio, in quanto «se vincete, guadagnate tutto; se perdete, non perdete nulla», e cioè che mentre in caso di perdita si perderanno soltanto dei beni "finiti" (che sono, per Pascal, i piaceri mondani), vincendo, si guadagnerà quel piacere infinito costituito dalla beatitudine eterna. La scommessa appare già ragionevole nel momento in cui si tratti di una vincita finita di poco superiore alla posta, ma essa diventa tanto più conveniente quando la vincita è infinita ed infinitamente superiore alla posta. In sintesi, in un gioco dove è necessario scommettere e in cui vi sono uguali probabilità di vincere o di perdere, rischiare il finito per guadagnare l'infinito ha evidentemente convenienza massima.

Incapacità di credere[modifica | modifica wikitesto]

Pascal affronta dunque le difficoltà di una credenza a comando:
«Ma riconoscete almeno che la vostra impotenza di credere proviene dalle vostre passioni, dacché la ragione vi ci porta, e tuttavia non potete credere. Adoperatevi, dunque, a convincervi non già con l'aumento delle prove di Dio, bensì mediante la diminuzione delle vostre passioni. Voi volete andare alla fede, e non ne conoscete il cammino; volete guarire dall'incredulità, e ne chiedete il rimedio: imparate da coloro che sono stati legati come voi e che adesso scommettono tutto il loro bene: sono persone che conoscono il cammino che vorreste seguire e che son guarite da un male di cui vorreste guarire. Seguite il metodo con cui hanno cominciato: facendo cioè ogni cosa come se credessero, prendendo l'acqua benedetta, facendo dire messe, ecc. In maniera del tutto naturale, ciò vi farà credere e vi abbruttirà.»
(Blaise Pascal, I Pensieri, 233)
Bisogna entrare nei "meccanismi" della fede, e facendo ogni cosa come se si credesse, si indurrà l'abitudine della fede. Pascal ritiene che l'uomo non possa sposare la fede con la sola ragione: deve impegnarsi con tutto se stesso, anche nell'esteriorità delle sue abitudini e nel "meccanismo" delle sue azioni. Il risultato è che la fede «vous abêtira» (letteralmente «vi abbruttirà, vi istupidirà»). Quest'espressione, apparentemente sconcertante, si riferisce alla tesi secondo cui la fede deve investire non soltanto lo spirito dell'uomo, ma anche l'automa che è nell'individuo, cioè il complesso delle abitudini che fissano la fede stessa e contribuiscono a sottrarla al dubbio. Pertanto, assumendo cartesianamente che le bestie siano solo macchine, Pascal propone di farsi meccanismo in nome del bene.

Commenti e interpretazioni[modifica | modifica wikitesto]

Il ragionamento, sottile, anticipa quella che sarà la teoria dell'utilità in matematica, e, potenzialmente, la teoria dei giochi. La scommessa è stata commentata da diversi studiosi, ricevendo critiche sia da atei convinti (i quali dubitavano dei 'vantaggi' di una divinità il cui 'regno' è al di là la ragione) sia da credenti tradizionali (che mettono in discussione soprattutto il linguaggio deistico ed agnostico della scommessa). Voltaire e Diderot la definirono una mostruosità logicabassa e puerile e cinicamente utilitaria. Calvet e Brunschvicg le hanno attribuito un valore apologetico secondario.

La natura non è una prova per l'esistenza di Dio[modifica | modifica wikitesto]

Voltaire in particolare, critica il fatto che la vera fede che Pascal cerca di promuovere non sia convincente. Voltaire allude al fatto che Pascal, in quanto giansenista, credeva che soltanto una piccola fetta di umanità, già predestinata, sarebbe stata infine salvata da Dio. In questa condizione, Voltaire spiega che per quanto qualcuno possa essere tentato per la ricompensa a credere nell'esistenza di Dio, il risultato sarà nella migliore delle ipotesi una debole convinzione.[1] Come ha affermato Étienne Souriau, al fine di accettare il ragionamento di Pascal, lo scommettitore ha bisogno di essere sicuro che Dio ha seriamente intenzione di onorare la scommessa; egli dice che lo scommettitore suppone che anche Dio accetti la scommessa, il che non è provato in alcun modo; lo scommettitore pascaliano è come quello sciocco che, vedendo una foglia flottante sulle acque di un fiume ed esitare ad un certo punto, per pochi secondi, tra i due lati di un ciottolo, dice: «Scommetto un milione con Rothschild che alla fine prende la strada a sinistra.» Ed effettivamente, la foglia passa sul lato sinistro del ciottolo, ma sfortunatamente per lo sciocco, Rothschild non ha mai detto: "Ci scommetto".[2]
I principali e più accreditati commentatori pascaliani (Jacques Chevalier, Valensin, Brunet, Lachelier) gli hanno attribuito un notevole valore apologetico. Essi sostengono infatti che la scommessa è meno bassa e puerile di quanto sembri: come Pascal stesso spiega, lo scommettere sull'esistenza di Dio non significa arrischiarsi in una cosa incerta (come succede in una qualsiasi scommessa), in quanto la posta in palio non è una quantità e una qualità numerabile (e dunque finita), bensì una quantità e una qualità innumerabile e infinita, ossia l'eternità e la beatitudine. Queste rendono la scommessa non già più tale, ma certezza della vittoria, e dunque vittoria stessa. In altre parole, scommettendo sull'infinito si ha la certezza di vincere.
Pascal afferma:
«[...] E così, la nostra offerta possiede una forza infinita, quando c'è da arrischiare il finito in un gioco in cui sono uguali le probabilità di perdita e di guadagno, e c'è un infinito da guadagnare. [...]»
(Blaise Pascal, I Pensieri, 233)
Tale sua spiegazione è dunque in linea con l'interpretazione che attribuisce alla scommessa un notevole valore apologetico, in quanto non è un semplice sillogismo – che sarebbe privo di valore intellettuale –, ma è la celebrazione della ragione, che di fronte all'infinito s'arrende sempre secondo ragione.
Non sarebbero dunque sostenibili le critiche alla scommessa, sia perché Pascal stesso critica ogni prova metafisica dell'esistenza di Dio (da quella di Sant'Anselmo d'Aosta a quella di Cartesio), tacciandole come inutili di fronte all'incredulità dell'ateo, sia perché critica anche la ragione fine a sé stessa, e dunque i procedimenti logici che non avrebbero alcun valore persuasivo.
Secondo alcune critiche la definizione Dio non esiste ed io ho creduto: 0 è sbagliata, perché non è vero che non ci si perde né si guadagna: difatti si perde in quanto credere in un ipotetico Dio inesistente implica una perdita di tempo, una limitazione su alcune cose e un'influenza morale che non abbiamo se Dio non esiste e io non ci ho creduto.
Altri invece ritengono che la critica sopra esposta sia sbagliata in quanto Pascal afferma che i principi cristiani coincidono con i miglior principi umani, quindi vivere cristianamente (anche in assenza di Dio) vuol dire vivere nel miglior modo umano possibile.
Tuttavia, Pascal non contempla, nel suo "Dio non esiste e io ci ho creduto", la possibilità secondo la quale pur non esistendo Dio esista una vita dopo la morte, della quale le possibilità di vincita o di perdita dipendono da fattori inconoscibili.
Il valore della scommessa è quindi vincolato ad una concezione di vita dopo la morte limitata all'ipotesi che Dio esista. La possibilità di una vita dopo la morte senza Dio va comunque incontro ad una contraddizione: com'è possibile una "vita dopo la morte" senza un Dio che la consente?
Se, inoltre, esistesse una vita post mortem in cui venissero premiati coloro che hanno vissuto una vita all'insegna di valori non cristiani, allora si otterrebbe anche una perdita di valore infinito. In questo caso si avrebbe:
  • Dio esiste e io ho creduto: −∞;
  • Dio esiste e io non ho creduto: +∞;
  • Dio non esiste e io non ho creduto: −∞;
  • Dio non esiste e io ho creduto: +∞.
Come decidere su quale religione porre la propria scommessa? Pascal indica la religione cristiana come la soluzione più adatta ai problemi della condizione umana esaminati nella parte prima dei suoi Pensieri e nella terza parte dello stesso scritto spiega la validità delle prove del cristianesimo.

Altri commenti e critiche[modifica | modifica wikitesto]

Alcuni obiettano che questo argomento non indica in quale religione credere, oppure anche accettando il ragionamento di Pascal, non è assodato che Dio gradisca che gli si creda solo per un semplice calcolo di convenienza: è più facile pensare che possa giudicare degni della vita eterna solo coloro che credono sinceramente. In alternativa, tra le infinite divinità possibili, potrebbe esistere anche quella che subordina la felicità eterna all’assenza di qualsiasi forma di credenza nei loro confronti, prediligendo quindi la miscredenza.[3]
Un'altra critica o commento, che accetta la scommessa solo parzialmente, è quello secondo cui è conveniente aderire alla scommessa di Pascal solo in punto di morte, o comunque in vecchiaia o malattia, quando è difficile godere della vita; questo in quanto la perdita dei beni mondani sacrificati per la vita religiosa (beni che sono certi, mentre l'esistenza di Dio, e specialmente del Dio cristiano, pur garantendo - se esiste - la beatitudine eterna, non è affatto certa dal punto di vista razionalista) sarebbe una grossa perdita e non una perdita inferiore al vivere lieti pensando al bene eterno di cui parla Pascal (un pensiero felice, seppur di eternità beata, non è paragonabile all'aver perso la vita "edonista" per una vita di rigore religioso). Quindi è utile, secondo questa obiezione, vivere liberamente la vita ed esercitare la ragione libera (nel caso di una religione di pura fede), sapendo che si potrà comunque aderire a tale scommessa in seguito, e convertirsi "razionalmente" (in maniera simile a chi si converte per timore) solo al momento giusto, seppur si tratti di una scelta rischiosa, in quanto non sempre la morte arriva con preavviso. Una posizione simile è forse sottintesa in un appunto postumo dello scrittore Leonardo Sciascia. Egli fece incidere sulla propria tomba una sola frase:
«Ce ne ricorderemo di questo pianeta»
(Epitaffio sulla tomba di Sciascia, la citazione è di Auguste de Villiers de L'Isle-Adam[4])
Il senso di una frase simile è apparso poco "laico e agnostico" a molti, per uno scrittore razionalista, paventando una conversione religiosa di Sciascia, che già aveva richiesto i funerali cattolici[5], ma è stata vista anche come segno di speranza e di rimpianto. Su un manoscritto, conservato dalla famiglia, Sciascia scrive la seguente spiegazione, non rinnegando le sue precedenti posizioni "illuministiche", ma citando appunto l'adesione alla scommessa di Pascal in riferimento alla fine prossima della sua vita (poiché precedentemente ha preferito dedicarsi alla vita trascurando la religione):
«Ho deciso di farmi scrivere sulla tomba qualcosa di meno personale e di più ameno, e precisamente questa frase di Villiers de l'Isle-Adam: "Ce ne ricorderemo, di questo pianeta". E così partecipo alla scommessa di Pascal e avverto che una certa attenzione questa terra, questa vita, la meritano.»
(Leonardo Sciascia[4])

Critica alla scommessa obbligata[modifica | modifica wikitesto]

Pascal dice che "scommettere bisogna". Paul Henri Thiry d'Holbach ha criticato la tesi della bontà divina sulla base di ciò.
«Chiamando i mortali alla vita, a quale giuoco crudele e periglioso la Divinità li costringe a giocare! Gettati in questo mondo senza il loro consenso, dotati di un carattere che essi non hanno scelto, animati da passioni e desideri ìnsiti nella loro natura, esposti a insidie che essi non hanno la forza di evitare, trascinati da eventi che non hanno potuto né prevedere né prevenire, gli sventurati esseri umani sono costretti a percorrere un cammino che li può condurre a supplizi orribili per violenza e durata.»
(Il buon senso, 92)

Calcolo della utilità attesa[modifica | modifica wikitesto]

L'utilità attesa, se definita come una funzione lineare positiva crescente, di ognuna delle scelte della scommessa è data dalla media ponderata delle utilità delle possibili conseguenze, utilizzando come pesi le probabilità del verificarsi delle varie ipotesi. Nel suo argomento Pascal dà per scontato che le probabilità delle due ipotesi siano uguali (implicitamente utilizzando l'ipotesi di Laplace di distribuzione di probabilità uniforme in caso di ignoranza completa su un fenomeno). Si potrebbe invece ritenere che la probabilità dell'esistenza di Dio sia molto bassa. Nel solo caso in cui fosse infinitesima l'utilità del raggiungimento della vita eterna diviene indeterminata, quale rapporto tra un infinito ed un infinitesimo di gradi sconosciuti. Ciononostante la funzione di utilità come funzione lineare ha i suoi limiti, come mostrato nella soluzione del Paradosso di San Pietroburgo. Una curva d'utilità soggettiva discontinua che attribuisce valore infinito a Dio esiste ed io ci ho creduto e meno infinito a Dio esiste ed io non ci ho creduto e nulla altrove avrebbe come unica euristica quella di credere in ogni caso.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Vous me promettez l'empire du monde si je crois que vous avez raison: je souhaite alors, de tout mon coeur, que vous ayez raison; mais jusqu'à ce que vous me l'ayez prouvé, je ne puis vous croire. […] J'ai intérêt, sans doute, qu'il y ait un Dieu; mais si dans votre système Dieu n'est venu que pour si peu de personnes; si le petit nombre des élus est si effrayant; si je ne puis rien du tout par moi-même, dites-moi, je vous prie, quel intérêt j'ai à vous croire? N'ai-je pas un intérêt visible à être persuadé du contraire? De quel front osez-vous me montrer un bonheur infini, auquel d'un million d'hommes un seul à peine a droit d'aspirer?
  2. ^ À vrai dire le célèbre pari de Pascal, ou plutôt le pari que Pascal propose au libertin n'est pas une option désintéressée mais un pari de joueur. Si le libertin joue «croix», parie que Dieu existe, il gagne (si Dieu existe) la vie éternelle et la béatitude infinie, et risque seulement de perdre les misérables plaisirs de sa vie actuelle. Cette mise ne compte pas au regard du gain possible qui est infini. Seulement, l'argument suppose que Dieu accepte le pari, que Dieu dit «je tiens». Sans quoi, nous dit Souriau, le libertin « est comme ce fou : il voit une feuille au fil de l'eau, hésiter entre deux côtés d'un caillou. Il dit : «je parie un million avec Rothschild qu'elle passera à droite». La feuille passe à droite et le fou dit : «j'ai gagné un million». Où est sa folie? Ce n'est pas que le million n'existe pas, c'est que Rothschild n'a pas dit : «je tiens». ». (Cf. l'admirable analyse du pari de Pascal in Souriau, L'ombre de Dieu, p. 47 sq.) - La Philosophie, Tome 2 (La Connaissance), Denis Huisman, André Vergez, Marabout 1994, pp.462-63

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]